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Ottobre 28, 2020

Contestazione bolletta telefonica


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Contestazione bolletta telefonica – La bolletta telefonica, atto unilaterale di natura contabile non dissimile dalla fattura, costituisce prova delle registrazioni riportate solo se l’utente non le contesta. 
Nel caso contrario la bolletta perde qualsiasi efficacia probatoria e la società telefonica ha l’onere di fornire la dimostrazione della corrispondenza delle registrazioni in essa riportate a quelle del contatore centrale.

Lo ha sancito la Cassazione con Sentenza 10313 del 28/05/2004.

Indice dei contenuti > Contestazione bolletta telefonica

  1. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
  2. MOTIVI DELLA DECISIONE
  3. P.Q.M.

Corte di cassazione

Sezione III civile

Sentenza 28 maggio 2004, n. 10313

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Casatelli Vittoria ha proposto opposizione avverso il decreto, con il quale il giudice di pace di Roma le ha ingiunto di pagare alla Telecom Italia spa lire 2.749.000 per canoni telefonici.

La Telecom ha resistito all’opposizione, che il giudice di pace ha rigettato.

Proposto appello, il Tribunale di Roma lo ha accolto, revocando il decreto ingiuntivo e condannando la Casatelli al pagamento della sola somma di lire 8.600.

Secondo il Tribunale il contratto di utenza telefonica, pur mutuando il proprio contenuto da provvedimenti legislativi ed amministrativi, ha natura privatistica ed i rapporti che ne discendono sono regolati dal codice civile; pertanto, la Telecom, al pari di qualsiasi altro creditore, ha l’onere di provare la prestazione eseguita ed a tale onere non adempie producendo la bolletta di pagamento, che è un atto unilaterale di natura contabile, inidonea a spiegare efficacia probatoria a favore della parte che l’ha emessa; il fatto che sia mancata la richiesta di controllo del traffico telefonico, prevista dall’articolo 12, comma 5, del regolamento di servizio, non incide sull’onere probatorio in quanto la richiesta attiene al sistema di comunicazione dei dati concernenti le utenze telefoniche tra abbonato e società erogatrice del servizio; l’utilizzazione di apparecchio “cordless” non autorizzato non vale a provare che vi siano state interferenze di terzi sui consumi con conseguente responsabilità dell’utente.

La Telecom ha proposto ricorso per cassazione, affidandone l’accoglimento a due motivi; la Casatelli ha resistito con controricorso.

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MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si denuncia «violazione e falsa applicazione delle norme di diritto nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in merito alla mancata prova del traffico telefonico»; in particolare si sostiene:

1) prima di ritenere che la Telecom non ha fornito prova del traffico telefonico, in relazione al quale pretende il pagamento, il Tribunale avrebbe dovuto considerare che l’utente si è limitata a sostenere apoditticamente di non avere effettuato il traffico addebitatole senza né dedurre né provare il cattivo funzionamento del contatore centrale; proprio per non averlo considerato ha escluso che le registrazioni del contatore costituissero prova del traffico;

2) il Tribunale ha omesso di considerare che per espressa previsione contrattuale il traffico telefonico poteva essere documentato solo a richiesta dell’utente;

3) il Tribunale ha ritenuto che il traffico sia solo quello risultante dai tabulati relativi al periodo compreso tra il 23 ed il 30 maggio 1995, mentre, considerato che l’utente non ha contestato di avere beneficiato del servizio, avrebbe dovuto ritenere che il traffico è stato quanto meno corrispondente ad uno standard medio.

Occorre considerare che la giurisprudenza pacificamente riconosce natura privatistica al contratto di abbonamento telefonico, il cui contenuto è predeterminato per legge secondo uno schema al quale l’utente rimane libero di aderire senza poterlo modificare (ex plurimis, Cass. 5613/1978).

Nella struttura del contratto il contatore centrale assume la funzione di strumento di registrazione del traffico telefonico, imposto dallo schema normativo ed accettato con la sottoscrizione, che si presume idoneo in ragione dei collaudi e dei controlli, ai quali è sottoposto da parte della pubblica amministrazione (Cass., 3686/1997).

Il mezzo attraverso il quale le registrazioni del contatore vengono comunicate all’utente è la bolletta telefonica, atto unilaterale di natura contabile non dissimile dalla fattura (Cass., 947/1986), che costituisce prova delle registrazioni riportate se l’utente non le contesta (Cass., 8901/1997); nel caso contrario la bolletta perde qualsiasi efficacia probatoria e la società telefonica ha l’onere di fornire la dimostrazione della corrispondenza delle registrazioni in essa riportate a quelle del contatore centrale, avvalendosi di qualsiasi mezzo, come i tabulati e le rilevazioni fotografiche mensili del contatore medesimo (Cass., 3686/1997, in motivazione, e più recentemente Cass., 17041/2002, nella quale l’affermazione che l’obbligo del gestore di effettuare gli addebiti di traffico sulla base delle indicazioni del contatore centrale non si può risolvere in un privilegio probatorio fondato sulla non contestabilità del dato recato in bolletta, sicché l’utente ha il diritto di contestazione ed il gestore è tenuto a dimostrare il corretto funzionamento del contatore centrale e la corrispondenza tra il dato fornito da esso e quello trascritto nella bolletta).

La distribuzione dell’onere probatorio secondo lo schema sopra indicato non è influenzata dalla scelta dell’utente di non chiedere il controllo del traffico telefonico, essendo la richiesta rivolta al conseguimento di finalità differenti.

Con la dimostrazione della corrispondenza delle registrazioni riportate nella bolletta a quelle del contatore centrale si esaurisce l’onere probatorio della società telefonica, salvo che non venga specificamente dedotto il cattivo funzionamento del contatore; nel qual caso si apre una serie di altri problemi che non è necessario affrontare.

Nell’ambito di questa diversa problematica può assumere rilievo l’uso di apparecchi “cordless” non omologati, che in certe condizioni rende possibile l’inserimento di terzi, aumentando indebitamente il traffico riferibile all’utenza.

In questo inquadramento della questione non rileva il riferimento ad uno standard medio di prestazione del servizio.

Agli enunciati principi si è sostanzialmente uniformata la sentenza impugnata, ond’è che il motivo non può essere accolto.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce «violazione e falsa applicazione delle norme di legge e carenza di motivazione in merito all’uso di cordless non omologati», si lamenta che il Tribunale non ha statuito in ordine alla responsabilità della Casatelli, ritenendola in relazione ai danni dipendenti dalla violazione del divieto di usare “cordless” non omologati.

Neppure questo motivo può trovare accoglimento.

Va, in primo luogo, rilevato che l’esame degli atti – possibile per il tipo di vizio denunciato – e la loro interpretazione portano ad escludere che sia stata proposta una vera e propria domanda nei termini sopra indicati tanto nel giudizio di primo grado quanto in quello di secondo (in questo caso l’omissione di pronuncia non sarebbe stata neppure denunciabile fondatamente, non avendo il giudice di secondo grado l’obbligo di pronunciare sulle domande proposte per la prima volta davanti a lui).

Va, in secondo luogo, considerato che la sentenza impugnata contiene l’affermazione che l’uso di apparecchio “cordless” non omologato è inidoneo «a comprovare l’effettivo utilizzo abusivo da parte di terzi e la responsabilità dell’utente» e tale affermazione costituisce pronuncia implicita di rigetto.

In conclusione, il ricorso va rigettato; sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.

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